Sempre più spesso sui giornali e in televisione si sente parlare di Space Economy, e di come questo settore sia in forte crescita. Ma che cosa si intende effettivamente per Space Economy? E perché è così importante per il futuro (e anche per il presente) dell’economia mondiale?
Il Ministero dello Sviluppo Economico definisce la Space Economy come: “la catena del valore che, partendo dalla ricerca, sviluppo e realizzazione delle infrastrutture spaziali abilitanti arriva fino alla generazione di prodotti e servizi innovativi abilitati”, ossia l’insieme di tutte quelle attività produttive e di ricerca operanti nel campo spaziale che contribuiscono, direttamente o indirettamente, allo sviluppo di beni e servizi innovativi.
Se fino ad un decennio fa queste attività erano perlopiù legate ad aziende pubbliche, come le grandi agenzie spaziali nazionali, oggi, grazie ad un sempre più consistente ingresso di privati in questo settore, stiamo assistendo ad un fenomeno di “privatizzazione dello spazio” che sta dando una spinta mai vista prima in questo campo.
La “Space Economy” si divide principalmente in tre macroaree: upstream, midstream e downstream.
Per upstream si intende la ricerca, lo sviluppo e la realizzazioni di oggetti e componenti che verranno lanciati nello spazio: satelliti, lanciatori, moduli abitativi e altri oggetti che orbitano attorno alla Terra. L’upstream equivale a circa il 30% dei guadagni totali derivanti dalla Space Economy, con cifre che intorno al 2040 dovrebbero aggirarsi tra i 430 e i 1160 miliardi di dollari. Solo in Italia questo settore da lavoro ha più di 60mila persone, con un indotto economico che supera i 600 milioni di euro annui.
Il midstream è invece il settore più di nicchia della Space Economy: esso consiste nello sviluppo e nella costruzione delle infrastrutture necessarie a raggiungere lo spazio, come piattaforme di lancio, centri di controllo e così via. A causa del suo stretto legame con l’upstream, queste due macroaree vengono spesso considerate come un unico grande settore.
Infine il downstream è l’insieme di tutte le applicazioni che vengono sviluppate a terra partendo dai dati raccolti in orbita: elaborazione dei dati, telecomunicazioni, navigazione e monitoraggio ambientale, sono solo alcuni dei settori chiave che compongono la Space Economy downstream.
Questa macroarea è il settore cardine dell’intera filiera spaziale: con un giro d’affari che nel 2040 toccherà i 2700 miliardi di dollari e che già oggi a livello europeo vale 370 miliardi di euro annui, questo comparto è diventato fondamentale per la vita sulla Terra, e in quanto tale è destinato a crescere a ritmi sempre più elevati.
Ma in questo panorama in forte crescita, quanto vale l’industria spaziale italiana?
L’Italia è uno dei pochissimi Paesi al mondo con un budget superiore al miliardo di dollari, ed è il terzo contributore della ESA, l’Agenzia Spaziale Europea. Inoltre il nostro Paese può vantare una filiera completa su tutto il ciclo produttivo, dalla ricerca allo sviluppo dei lanciatori, passando per le telecomunicazioni e la manifattura. Secondo il documento elaborato dal Ministero dello Sviluppo Economico “L’industria italiana nello spazio, ieri, oggi e domani” nel settore spaziale operano circa 600 aziende e 7000 operatori, di cui circa l’80% in piccole e medie imprese, ma l’intera filiera industriale è composta da più di 4000 aziende, con oltre 200mila lavoratori, di cui circa 50mila altamente specializzati.
L’Italia è inoltre sede di alcune delle più grandi aziende aerospaziali al mondo, come la Leonardo SpA, che fin dagli anni 60 opera nel campo dello spazio e della difesa e che recentemente ha preso parte alla produzione di missioni come ExoMars, Rosetta, Galileo e Cosmo-SkyMed, o la Avio, azienda che costruisce, tra le altre cose, il lanciatore Vega, uno dei vettori più utilizzati per la messa in orbita di satelliti di piccole dimensioni.
Nel 2016 l’Italia ha redatto un “Piano Strategico Space Economy” che prevede un investimento di 4,7 miliardi di euro destinati per lo più al settore delle telecomunicazioni satellitari e all’esplorazione spaziale. A questo piano vanno aggiunti i 1,2 miliardi di euro del “Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza” o PNRR, destinati a “potenziare i sistemi di osservazione della terra per il monitoraggio dei territori e dello spazio extra-atmosferico e per rafforzare le competenze nazionali nella space economy”. Più in generale, secondo il ministro per l’Innovazione Tecnologica e la Transizione Digitale con delega allo Spazio e all’Aerospazio, Vittorio Colao “la Space Economy genera investimenti pari a 447 miliardi di dollari: il settore è cresciuto del 4,4% nel 2020 e ci aspettiamo che arrivi a 1 trilione di dollari nei prossimi dieci anni. Le tecnologie spaziali devono essere considerate dal governo un asset fondamentale che può aiutare la società in molti ambiti e a mitigare gli effetti della pandemia. Inoltre, possono essere usate per colmare il gap digitale e contribuire alla sfida del cambiamento climatico”.