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Guida definitiva alla propulsione a razzo – Parte 1

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Veder decollare un razzo provoca in ognuno di noi, appassionati e non, una serie di emozioni: meraviglia, stupore, curiosità, e perché no, anche un po’ di timore verso un’opera così maestosa e complessa ma allo stesso tempo così elegante. Che sia il nuovissimo Space Launch System della missione Artemis I o un piccolo vettore di una nascente start-up, queste opere ci appaiono complicatissime, e per questo, affascinanti.

Se almeno una volta ti sei chiesto: “ma come fa un razzo ad arrivare nello spazio?”, sei nel posto giusto. In questa serie di articoli sviscereremo il funzionamento dei lanciatori, dalle basi fino alle ultime novità. Non spaventatevi: per quanto la matematica sia fondamentale in questo ambito, cercheremo di utilizzarla il meno possibile, impiegando poche ma fondamentali formule. 

Sicuramente semplificheremo alcuni concetti. Questa serie infatti non vuole in alcun modo sostituire un corso professionale o un testo universitario, bensì mira a fornire a tutti le basi per capire quello che succede quando un razzo decolla, e perché lo fa, con l’obiettivo ultimo di spronarvi ad approfondire quello che leggerete. Fatte le dovute premesse, tuffiamoci a bomba nell’affascinante mondo della propulsione a razzo

Come fa un razzo a volare?

Per capire il funzionamento di un razzo, dobbiamo partire proprio da questa domanda: “come fa un razzo a volare?“. La risposta è sorprendentemente semplice: grazie al terzo principio della dinamica, che forse conoscerete come “principio di azione e reazione”. Nella sua formulazione più semplice esso afferma che: 

Ogni volta che un corpo A esercita una forza su un corpo B, il secondo risponderà esercitando una forza sul primo di uguale intensità, ma verso opposto

Ma che vuol dire? Prendiamo come esempio una pallina da tennis che rimbalza sulla racchetta: la pallina, impattando sulla racchetta, le imprime una forza (ben visibile se osserviamo che la rete della racchetta si deforma); Allora, per il terzo principio della dinamica, la racchetta eserciterà una forza sulla pallina, della stessa intensità della prima, ma nel verso opposto. Di conseguenza, la pallina viene rispedita nell’altra metà del campo da tennis. 

Visualizzazione del terzo principio della dinamica. Lo stesso principio permette al razzo di decollare
Visualizzazione del terzo principio della dinamica. Lo stesso principio permette al razzo di decollare

Ecco i razzi utilizzano esattamente lo stesso principio. Buttando fuori gas caldi ad altissima velocità in un verso, il razzo accelera nel verso opposto. Attenzione, non è l’interazione con l’atmosfera a spingere il razzo, bensì è proprio l’azione di “gettare” fuori di sé qualcosa che ci fa muovere nel verso opposto: per capire meglio questo fenomeno, basta pensare al rinculo della pistola: la pistola “getta” fuori di sé il proiettile, e come risposta, la pistola si muove nel verso opposto. Se così non fosse, i razzi non funzionerebbero nello spazio

I motori a razzo

Capito il principio fisico che c’è alla base, sorge spontanea una domanda: “Tutto molto bello, ma nella pratica, come facciamo ad ottenere la spinta necessaria a farci alzare in volo?” 

Per rispondere a questa domanda, dobbiamo introdurre il concetto di trasformazione dell’energia

L’energia è la capacità di un corpo di compiere un lavoro; questo lavoro, può essere di diversi tipi, ad esempio il trasferimento di calore, o lo spostamento di un oggetto. Una caratteristica fondamentale dell’energia è quella di poter essere convertita nelle sue varie forme: ad esempio, l’energia associata al trasferimento di calore (energia termica) può essere convertita in energia associata al movimento di un oggetto (energia cinetica). 

Per cui se progettassimo una macchina in grado di trasformare l’energia termica proveniente da una combustione in energia cinetica, avremmo realizzato una macchina capace di farci muovere. Questa macchina si chiama “motore a combustione”. 

Osservando una semplice candela, capiamo che, una combustione, per avvenire, ha bisogno di due elementi fondamentali: un combustibile (la paraffina, più comunemente detta cera) e un comburente (l’ossigeno). Infatti, se prendiamo una candela e la “chiudiamo” sotto un bicchiere, dopo po’ di tempo essa si spegnerà: la candela avrà infatti consumato tutto l’ossigeno disponibile, e venendo a mancare uno dei due elementi fondamentali, la combustione cesserà di avvenire. 

Disegno schematico di un motore a razzo

Ma cosa centra una candela con i razzi? L’esempio appena fatto ci permette di definire che cos’è un motore a razzo, grazie al quale otteniamo la spinta necessaria ad alzarci in volo: un motore a razzo è un motore a combustione il quale possiede, all’interno di appositi serbatoi, sia il combustibile che il comburente necessari a far avvenire la combustione. L’energia termica associata alla combustione viene trasformata in energia cinetica, la quale, grazie al terzo principio della dinamica, ci permette di alzarci dal suolo. Un motore così fatto viene chiamato anche “endoreattore” 

Esistono altri tipi di motori a razzo che non sfruttano la combustione come fonte di energia per generare la spinta, come i motori nucleari o i motori radianti (che sfruttano la radiazione solare), ma il loro impiego è ancora molto limitato. Discorso a parte meritano i motori a razzo elettrici, non utilizzati nei lanciatori perché generano una spinta di gran lunga inferiore ai motori chimici, ma molto utilizzati nella propulsione spaziale

Abbiamo dunque visto i principi fisici che sono alla base del funzionamento di un lanciatore e capito che cos’è un motore a razzo. Nel prossimo articolo della serie scenderemo un po’ di più nel dettaglio, vedendo da quali elementi fondamentali  è composto un motore a razzo. 

La propulsione a razzo è un mondo molto complesso e affascinante. Sperando di non avervi annoiato, vi diamo appuntamento al prossimo articolo! 

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