Oggi, mercoledì 16 novembre 2022 è una giornata storica per l’esplorazione spaziale: alle 7:47 ora italiana, è stata lanciata la missione Artemis I, primo fondamentale passo in vista del ritorno dell’uomo sulla Luna, previsto per il 2025. Dopo un piccolo problema al serbatoio di idrogeno liquido del secondo stadio che ha fatto slittare il lancio di circa 40 minuti, tutto è andato come previsto, con il primo decollo dello Space Launch System avvenuto tra gli applausi di gioia e liberazione del Mission Control Center di Houston.
Artemis I è solo la prima di una serie di missioni della NASA, in collaborazione con la ESA, con l’obiettivo di far tornare gli esseri umani a camminare sul nostro satellite naturale, questa volta per rimanerci però: se infatti le prime missioni saranno simili a quelle del programma Apollo, già con Artemis IV e V, grazie al cosiddetto “Lunar Gateway”, verrà assicurata una presenza duratura sulla Luna.
Ma procediamo con ordine. Perché Artemis I è così importante?
L’importanza di Artemis I
Lo storico lancio al quale abbiamo assistito questa mattina è di fondamentale importanza per il proseguo della storia umana nello spazio per svariate ragioni, sia scientifiche che politiche.
Per prima cosa, il debutto dello Space Launch System, il razzo più potente mai costruito dall’uomo: è un lanciatore a due stadi, dotato di due booster laterali a propellente solido derivati dagli Space Shuttle, alti 54 metri e capaci di generare una spinta al suolo di 16MN (16 milioni di Newton!), un core centrale a propellente liquido di circa 64 metri dotato di 4 motori già precedentemente utilizzati sugli Shuttle (tra cui il ME-2045 usato sull’ultimo Shuttle lanciato), e uno stadio superiore a combustibile liquido capace di generare una spinta di circa 106,8kN. Per fare un paragone con il Saturn V, l’SLS riesce a generare il 17% di spinta in più al decollo del suo illustre predecessore!
Proprio l’SLS è stato la causa dei rinvii che hanno caratterizzato questa missione: prima un guasto al sistema di raffreddamento del terzo motore, poi le perdite nei serbatoi di idrogeno liquido del secondo stadio. Quest’ultima è una problematica abbastanza comune nei lanciatori che utilizzano una miscela di idrogeno e ossigeno come propellente: l’idrogeno infatti è l’elemento più piccolo presente sulla tavola periodica e per questo riesce a “sfuggire” attraverso le maglie delle tubazioni. Per ovviare a questo problema, il serbatoio del secondo stadio non è stato riempito per intero, bensì circa al 70%, quantità comunque sufficiente per gli scopi della missione.
La NASA, come sappiamo è un’organizzazione governativa finanziata da fondi pubblici dello Stato americano. Per cui, a differenza delle aziende private come la SpaceX, deve cercare di minimizzare gli errori. Anche per questo motivo, Artemis I è importantissima: con il successo di questa missione, la NASA potrà presentarsi al Congresso americano (l’ente che, tra le altre cose, decide la quantità di soldi pubblici da investire nei programmi spaziali) con molta più fiducia. Ricordiamo infatti che il programma Artemis ad oggi consiste in 6 missioni, dal 2022 al 2028 (pianificato), ma i piani della NASA sono quelli di effettuare lanci continuativi almeno fino al 2033. Per far sì che ciò accada, bisognerà convincere l’opinione pubblica e il Congresso, e il successo di Artemis I va proprio in questa direzione.
Le fasi della missione
Ma nello specifico, cosa succederà ora alla capsula e ai satelliti lanciati in questa missione?
Per i prossimi 4 giorni, la navicella sarà diretta verso la Luna, più precisamente verso un particolare tipo di orbita chiamata “orbita distante retrograda”, la quale è molto stabile e quindi non necessita di particolari manovre correttive, con conseguente risparmio di carburante. Un altro motivo per il quale è stata scelta quest’orbita è per simulare un futuro rendezvous (manovra di avvicinamento) tra la capsula e un asteroide sulla stessa orbita.
Dopo un periodo di stazionamento attorno alla Luna di 6-19 giorni, utilizzando una manovra chiamata “fionda gravitazionale” che consiste nello sfruttare l’attrazione gravitazionale di un corpo celeste per accelerare senza utilizzare carburante, la capsula si dirigerà verso la Terra, dove, una volta rientrata utilizzando dei paracaduti, terminerà la sua missione.
Durante l’intera missione verranno rilevati dati ed effettuati studi con lo scopo di preparare il futuro equipaggio umano al volo verso il nostro satellite, ma verranno anche effettuati esperimenti di carattere scientifico grazie ai satelliti lanciati in questa missione. In particolare, “Lunar IceCube” investigherà sulla presenza e la distribuzione di depositi di ghiaccio d’acqua, mentre “LunaH-Map” effettuerà una mappatura dell’idrogeno presente nei crateri del polo sud lunare, ipotetico sito di atterraggio delle future missioni Artemis.
l’Italia e l’Europa grandi protagoniste
Già a partire da Artemis II, prevista per il 2024, l’SLS avrà un equipaggio umano. Per questa ragione, a bordo di Artemis I è presente la capsula abitativa Orion, con a bordo 4 manichini sui quali sono stati montati una serie di sensori che raccoglieranno dati di vitale importanza per il benessere dei futuri astronauti. Una capsula spaziale, è formata da due parti principali: il modulo abitativo, nel quale si trova ed opera fisicamente l’equipaggio, ed un modulo di servizio, che fornisce energia elettrica, acqua, ossigeno e mantiene la temperatura stabile all’interno del modulo abitativo. Proprio il modulo di servizio è stato progettato e costruito in Europa, a seguito di una partnership tra ESA e NASA.
Realizzato dalla Airbus, il modulo di servizio è un gioiello di tecnologia. Già nel primo giorno di missione è entrato in funzione, dispiegando i pannelli solari che forniscono energia elettrica all’intera capsula. È un grande risultato per la nostra agenzia spaziale, che entra a far parte di uno dei progetti più ambiziosi della storia dell’esplorazione spaziale.
Ma c’è un altro motivo per cui noi italiano dovremmo andar fieri: ArgoMoon
ArgoMoon è un nanosatellite realizzato dall’azienda italiana Argotec, coordinata dall’ASI, l’Agenzia Spaziale Italiana, che si occuperà di scattare immagini della missione, testando dei nuovi sistemi di comunicazione. ArgoMoon è inoltre l’unico satellite europeo scelto dalla NASA per partecipare alla missione Artemis I, segno dell’incredibile qualità del lavoro dell’azienda italiana.
Per il Managing Director di Argotec David Avino si tratta di “un altro passo importante e significativo per una PMI italiana, che ha da sempre puntato sulla ricerca e sull’innovazione in campo spaziale. I nostri ingegneri sono al lavoro per sviluppare un nuovo concetto di nano-satellite utilizzando materiali innovativi e per integrare, in un volume grande quanto una scatola di scarpe, alcuni dei nostri sistemi e delle tecnologie italiane. I CubeSat sono i droni del futuro e saremo i primi a testarli così lontano dalla Terra, nelle condizioni estreme dell’orbita translunare”.
Il programma Artemis, così come il suo gemello programma Apollo, ha l’obiettivo di far tornare l’uomo a camminare sulla Luna più di 50 anni dopo l’ultimo lancio dell’Apollo 17 nel 1972. Come già successo negli anni 70 e 80 con la cosiddetta “generazione Apollo”, Artemis creerà una nuova generazione di appassionati, facendo sognare gli scienziati e gli ingegneri del domani. E noi italiani dovremo essere in prima fila, come lo siamo sempre stati nel corso della storia dell’esplorazione spaziale.